INTERVALLO - Fabio bix
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https://vimeo.com/manage/videos/468316407

Video / INTERVALLO

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INTERVALLO
Progetto video/fotografico legato alle aree travolte dai terremoti del 2009 – L’Aquila – e 2016 – Amatrice (i Comuni coinvolti sono circa 200)

Il progetto prende spunto dall’INTERVALLO della RAI (Radio televisione italiana) che, nei vuoti di trasmissione causati da guasti, proponeva una sequenza di scatti fotografici di paesaggi italiani con sottofondo di musica classica. Ogni tanto compariva la scritta INTERVALLO.

Ho pensato al terremoto come a “un guasto nelle trasmissioni della vita” delle persone che, dai sismi del 2009 – L’Aquila – e 2016 – Amatrice -, vivono nelle “unità abitative” in attesa di una ricostruzione in alcuni casi nemmeno iniziata. Queste persone, quindi, si trovano a vivere in una sorta di sospensione, di INTERVALLO di cui non si vede la fine.

Il lavoro svolto nell’agosto 2020 si è tradotto in una serie di fotografie e nel video INTERVALLO. Alcuni degli scatti prevedono la presenza di ”statue effimere” – alte circa 15 cm, realizzate sul posto con fazzoletti di carta. Queste creazioni si collocano in quel senso di disorientamento – tra realtà e irrealtà – che è tipicamente evocato dagli scenari del terremoto.

A dispetto della loro leggerezza e fragilità, negli scatti fotografici le statue effimere risultano più resistenti dei muri (crollati) di cemento armato. Statue che sono portatrici di poesia, bellezza, sacralità nella loro funzione epifanica del dolore, quasi ne assumessero la fisicità e la sua sublimazione.

Fabio Bix

Testo critico di Mariaimma Gozzi

Un’incrinatura ineluttabile sul vetro dell’esistenza, il terremoto, provoca quel senso di spaesamento tra realtà e irrealtà. Quando posi lo sguardo sulle amputate architetture e sugli strati di polvere e “cose”, nella mente incombe l’astrazione, lo smarrimento, la desolazione metafisica, l’estraniamento surreale, la stupefazione rara che s’avvinghia all’animo e alle sue de-costruzioni interiori ed esteriori. Basta poco, solo attimi, per raccogliere il disfacimento anacronistico del terremoto, come farebbe un fotoreporter asettico e asciutto. Ma la potenza dell’artista Fabio Bix sta nel ribaltare la visione, e per certi versi, la lettura di quei crolli e di quelle rovine ormai abbandonate, quando v’innesta le sue impalpabili sculture che donano un senso d’epifanico chiarore, immaginifico e visionario, in cui l’estrema bellezza di quelle movenze morbide contrastano con la devastazione delle estreme ambientazioni se non fosse a giunger salvifica la forviante “illusione”.

Se la forza dell’artista contemporaneo è quella di far passare per “Arte” anche le provocazioni, l’artista visivo F. Bix intende confondere il mondo del reale da quello illusorio, e lo fa manipolando un fazzolettino di carta, di 15 cm, creando stravaganti sculture di gusto estetico marcatamente barocco. Sono sculture “leggere” che vengono innestate in spazi aperti di significativi scorci metropolitani e le intriganti ingerenze restituiscono nella foto verità altre – lavoro che l’artista titola OMNIA ALIA SUNT.Si tratta di un progetto iniziato due anni or sono ed espresso in giro per il mondo. Mentre INTERVALLO, sorge come evoluzione di quella indagine fotografica e assume significati altri quanto l’artista Bix va incontro a quelle mete devastate dal terremoto d’Abruzzo, Marche e Molise nell’estate 2020. Ecco, in questi luoghi e spazi, l’indagine si fa meno errante, pur mantenendo le premesse di OMNIA ALIA SUNT, e segue l’itinerario suggestionato dal paesaggio, mantiene il leitmotiv scultoreo, ma inevitabilmente cambia lo stato d’animo. L’artista si trova di fronte ad una realtà disfatta, snaturata, dove ad ogni passo si svelano pareti mutilate, memorie architettoniche, spazi desolanti in cui impera l’angoscia. Nondimeno quei borghi svuotati gli suggeriscono atmosfere suscettibili di stuzzicanti fondali per il plasticismo delle sue sculture perennemente in bilico tra realtà e finzione. Semplice, perfino irriverente sarebbe innestare solo la bellezza là dove ogni cosa è perduta e suona quasi retorico cercare di eludere lo sguardo dalle macerie per incentrarlo sul fazzolettino modellato. Ma, l’artista visivo Fabio Bix cerca proprio dai resti degli accadimenti e dalla sua posticcia scultura di suscitare la persuasione tout courte fa il punctumdando una connotazione estetica senza fuggire dai dilemmi etici e morali di cui la foto è pregna. Non si tratta di un’anomalia o di una distrazione dalla tragedia, basti pensare al Grande Crettodi Alberto Burri costituito di macerie del terremoto a Gibellina. È un’ “opera” INTERVALLOche non desidera mistificare i mattoni e la malta disfatti poiché conservano secole azioni dei viventi e non, piuttosto vuole cogliere il paradosso o l’ossimoro tra sprazzi di bellezza nella desueta bruttezza e ancora porre l’attenzione al “guasto”..   E nel frame dei rimandi evocativi la composizione dell’immagine ci trasferisce messaggi coinvolgenti, ci induce a vivere quei borghi antichi, oramai in frammenti, per ricordarci il “valore” palpitante/pulsante dell’essere e delle sue appartenute “cose”. Gli scatti di INTERVALLO, non s’esplicitano nel nomadismo e non rubano alla città vetrina il luccichio vezzoso e intrigante come giusta cornice di esuberanti corpi mossi come lo era stato perOMNIA ALIA SUNTa New York, a Gerusalemme, a Parigi, a Roma ecc.; INTERVALLOquesta volta si muove con cautela e introspezione tra i divieti delle zone rosse, tra i calcinacci caduti, tra le finestre aperte sul nulla, tra i gradini pericolanti, tra le crepe che squarciano le pareti e molto altro ancora. E nella fissità di quel minuto in cui la vita si è fermata come un intervallo, imprevisto e imprevedibile, come il guasto delle trasmissioni in TV, i resti delle case divengono quinte pronte a ri-creare una realtà estrapolata che tradisce, inganna e integra il male. L’occhio si fa sedurre dall’effimero, dall’apparenza, cerca l’armonia, ma si suggestiona di fronte alla stramberia della composizione, e inciampa sulla teatralità delle sculture sinuose, come detto, modellate adhocdalla mano abile di Bix, che ri-anima l’inquadratura con quelle statue femminili e maschili le quali, come nel Seicento, sono interessate dal movimento libero con andamenti serpeggianti, a curva e contro curva, a torsione e a fiamma, dai panneggi generosi sostituiti dal fazzolettino ampio e gonfio di vento. Il dinamismo degli effimeri corpi, scavati dallo spazio circostante e dalla luce, ottiene ingerenze ottiche ed è cifra di come un “oggetto” possa indurre a soluzioni stilistiche fuorvianti, di come possa contraffare, artefare, mistificare. Se da una parte il terremoto è l’inenarrabile, brutto da vedere e orribile da vivere, la fittizia scultura è l’oggetto che desidera attrarre l’attenzione, proprio in quel contesto, per sottolineare quel che rimane, ma lo fa col fascino dell’eleganza mai stridente perfino nel debutto inedito. E il tutto avviene senza nulla togliere alla fissità di quelle pareti monche e agli sguardi dispersi, anzi semmai s’aggiunge e rafforza, con enfatica narrazione, il dramma. Là dove l’ “intervallo” di un minuto è stato individuato da Bix come il “guasto delle trasmissioni televisive”, come pausa e sospensione, quel tempo im-possibile della scossa, del tremore, racconta una realtà sfatta di un quotidiano spaventoso e soverchiante in cui solo l’illusione della insinuante scultura può effondere un barlume di inedita speranza.